Didattica e Architettura

Autore / Author: Ruggero Lenci



 

Ruggero Lenci

La tesi di laurea costituisce un momento di sintesi nel percorso formativo degli studenti universitari, un efficace traguardo per completarne gli studi e verificarne il livello di autonomia raggiunto. Nei Corsi di Architettura e Composizione Architettonica e in quelli di altre discipline affini la tesi può richiedere, sia da parte dello studente che del suo relatore, un notevole impegno progettuale. Ciò può produrre nei casi migliori innovazione, in altri, risultati di più o meno elevata qualità e completezza. L’innovazione in architettura è tale se in grado di migliorare le prestazioni dell’organismo edilizio e dell’intorno ambientale di cui è parte. In primo luogo quelle contestuali, funzionali, di durabilità e manutenzione, in secondo luogo di comunicazione, che però, in mancanza delle prime, perdono di significato. Ciò nel rispetto di una produzione etica e di uno sviluppo che risponde alle esigenze del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri bisogni. Vista in questo senso l’innovazione, se si discosta dalla tradizione, deve sempre garantire, potenziandole, le precedenti modalità d’uso.

Quando alla fine del 1998 ho iniziato la mia attività di docenza presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università “La Sapienza” di Roma nel settore della Composizione Architettonica e Urbana fui portato a scegliere tra gli insegnamenti di Architettura e Composizione Architettonica del terzo e del quinto anno. Optai per quest’ultimo che apriva in misura maggiore alle tesi di laurea e che stabiliva una linea di continuità con il lavoro di Luigi Biscogli, professore dello stesso corso che in quell’anno andava fuori ruolo. Otto anni di insegnamento, dal 1998-99 al 2005-06, hanno prodotto diverse tesi di laurea delle quali una parte significativa è qui pubblicata. Il libro testimonia, pertanto, i risultati di un’esperienza didattica svolta con studenti maturi che hanno scelto di sviluppare per la laurea un tema compositivo, correlato con specifici approfondimenti strutturali, impiantistici, urbanistici, sulla tecnologia dei materiali, sulla sicurezza degli edifici, sul risparmio energetico, e altro ancora.
Non sarebbe stato possibile realizzare il presente resoconto didattico in mancanza dell’impegno messo in atto dai tanti allievi su progetti di architettura in molti casi notevolmente complessi, a seguito di un percorso caratterizzato dal desiderio di instaurare un dialogo disciplinare ricco di scambi ideativi, il più possibile fluido, duttile, non identico per tutti.
Gli obiettivi perseguiti in modo prioritario sono stati lo sviluppo di capacità compositive coerenti e autonome nonché il rafforzamento della conoscenza delle teorie, dei metodi e delle acquisizioni linguistiche presenti nell’architettura contemporanea. Il momento operativo del laboratorio di tesi di laurea si è rivelato centrale tanto quanto quello teorico e di ricerca, ambedue miranti a fornire plurime occasioni di ampliamento della conoscenza dei sistemi di regole e metodi che presiedono all’elaborazione del progetto. I riferimenti sono stati selezionati principalmente tra casi funzionalmente simili ai temi in corso di elaborazione, ma anche tra quelle opere di architettura di indiscutibile valore che costituiscono una sintesi esemplare tra esigenze di inserimento ambientale, morfologia, tecnologia, uso dei materiali, questioni distributivo-funzionali ed espressive. Durante le esercitazioni di laboratorio, attraverso l’uso di molteplici scale dimensionali, dall’analisi urbana al dettaglio costruttivo, i laureandi hanno potuto affinare un metodo di lavoro teso al controllo dell’idea progettuale, al fine di poterla verificare ed elaborare in forma preliminare e definitiva attraverso l’utilizzo degli strumenti propri della composizione architettonica. In questa fase l'attenzione è stata rivolta a enucleare quegli aspetti dell’organismo edilizio nei quali le relazioni tra questioni contestuali, tipologiche, costruttive e linguistiche risultavano emergenti. Un obiettivo costantemente perseguito in tutti i progetti è stato rendere in essi evidenti i rapporti che si andavano via via instaurando tra questioni di contenuto e di espressione.

Comporre e/o progettare

Perché le tesi di laurea qui pubblicate sono in composizione e non in progettazione architettonica? In realtà ciò dipende solo dal nome attribuito ai corsi. Ciononostante può essere utile ricordare che nel 1980 sulle pagine di Rassegna di Architettura e Urbanistica, all’In/Arch e in altre autorevoli sedi di riflessione si è dibattuto a lungo su ipotetiche differenze esistenti o meno tra il ‘comporre’ e il ‘progettare’, argomento sul quale Marcello Rebecchini si è così recentemente espresso: “Devo dire che oggi il dilemma di allora ci lascia un po’ perplessi, ma la cultura procede a volte anche attraverso dibattiti sul sesso degli angeli”. (Quaranta anni di “Rassegna”, Indici 1965-2005). Nonostante la condivisibilità di tale posizione è utile qui sintetizzare i significati che attribuiamo alle parole comporre, dal lat. cum ponere: porre insieme varie parti perché costituiscano un tutto organico; e progettare, dal lat. proiectare: immaginare, ideare qualcosa e proporre il modo di attuarla.
Sui numeri 46 e 47/48 (1980) della rivista del DAU ‘Rassegna di Architettura e Urbanistica’ Ludovico Quaroni, Federico Gorio, Carlo Melograni, Marcello Rebecchini e altri hanno intessuto un dibattito approfondito sulla questione.
Con atteggiamento atomista Ludovico Quaroni sostiene che potremmo anche analizzare le singole componenti dell’architettura, ma che poi si dovrebbe ricomporre il tutto con una tecnica secondo la quale “una parte non prevalga sulle altre” tentando di “…dare allo studente il senso almeno della necessità che sia lui stesso a montare il puzzle…” E aggiunge, “A nessuno viene riconosciuto il diritto-dovere di orientare i singoli corsi sulle componenti, anche perché significherebbe riconoscere di fatto la figura di un regista”, e tale spinta coercitiva all’interno di una scuola ridurrebbe, se non addirittura negherebbe, lo sviluppo di tale possibilità agli altri. Già Kant, prosegue Quaroni, ha dimostrato l’esiguità e la bugia della distinzione tra l’operato razionale e quello empirico che, di fatto, nel nostro specifico annienta la speranza e l’orgoglio di quanti tendono a dividere i docenti in due categorie: “…da una parte gli eletti, gli intelligenti, quelli che hanno capito, che sanno distinguere e ‘creare’ che sanno di saper insegnare l’Arte; dall’altra i professionali legati alle tristezze della committenza - quasi che non sia esistita, per Brunelleschi, Michelangelo e Borromini, per Palladio, - una committenza spesso avara e meschina, incapace magari di comprendere quell’idea formale che è stata loro estorta. Eletti e reprobi. E’ un gioco che ci si propone? …sta all’architetto saper penetrare fino ai moti profondi degli interessi della committenza, e interpretarli.” La scelta di Quaroni è integrale, compositore e progettista insieme, anche se ciò dovesse rallentare il cammino verso il conseguimento, eventuale, dell’opera d’arte, lavorando con le regole del suo tempo, ognuno con le proprie, dagli antichi greci, al barocco ai giorni nostri. “Noi abbiamo i nostri giochi, colle loro norme precise…ed è un peccato disprezzarli, perché sono gli unici che possono, all’occorrenza, servire la gente per quello che chiede. E possono, in mani rare e in temperamenti particolari, temprati, non importa se forniti di cultura o di intelligenza, ma legati al loro lavoro quasi da una maledizione, insensibili alla critica e ai dubbi, servirci tutti con l’Opera d’Arte. Che non si insegna a scuola, mai.” E aggiunge, “Certamente occorrerebbe che qualche gruppo di docenti tentasse d’organizzare meglio l’insegnamento della Composizione/Progettazione, trasformando la parte applicativa di alcune materie in un contributo ad una progettazione integrata, ma anche collegando fra loro le materie o le parti teoriche che più strettamente interessano la Composi­zione/Progettazione in maniera da ottenere, all’interno di un corso di Laurea, un complesso teorico-applicato di insegnamenti che costituiscano, per l’Architettura o per l’Urbanistica, il nocciolo centrale del curriculum degli studi, e rappresentino per l’Architettura quello che è la Clinica per la Medicina: una sede nella quale, appunto, la teoria incontra la sperimentazione, possibilmente lavorando su temi concreti forniti dagli Enti Locali o da altra committenza pubblica o semi-pubblica.”
Proprio in questo senso, sviluppando un lavoro teorico e sperimentale, ma al tempo stesso applicato e integrato, non fine a se stesso ma su temi concreti forniti dagli Enti Locali o da altra committenza pubblica o semi-pubblica, sono state sviluppate queste tesi di laurea, fornendo ai discenti un metodo aperto e, allo stesso tempo, privo di riferimenti linguistici obbligati, indirizzandoli a operare le plurime scelte architettoniche che il progetto richiede, pur lasciandoli liberi, ma responsabilizzandoli nelle scelte.
Con un sentire che tende a far luce nei complessi e talvolta contraddittori interessi dei vari gruppi, Federico Gorio sostiene che le imprese e gli enti pubblici ormai “…le une e gli altri alleati, hanno messo al bando progettisti e compositori, facendo, come del resto è giusto, di tutt’erba un fascio.” Ciò in quanto “…imprese, industria ed enti locali responsabili son tutti d’accordo nel chiedere all’architetto un’idea formale preliminare per poi buttarlo fuori dal resto del processo progettuale ed esecutivo.” Nel suo editoriale peraltro giudica la questione ‘composizione verso progettazione’ “…degna a prima vista di una qualsiasi Accademia degli Oziosi”. Ciò se non fosse per il fatto che “E’ in atto nei corridoi dei nostri atenei un febbrile, tenace lavorio per la conquista del controllo delle diverse strutture in gestazione. Il tentativo di spaccatura tra la composizione e la progettazione è un episodio di questa febbre; …sotto la superficie delle diatribe accademiche, ribollono interessi non esattamente intellettuali né culturali. Perché se la spaccatura dovesse essere consolidata nelle istituzioni…ciò avverrebbe come sempre a danno e in dispregio dell’unità dei contenuti.”
Il punto di vista di Carlo Melograni emerge da questo suo scritto: “Un’alternativa vera sta nel dilemma se puntare come obiettivo prioritario verso il recupero di regole che la tradizione avrebbe dimostrato tanto costanti da risultare quasi perenni, oppure verso la ricerca sperimentale di metodi e strumenti nuovi, adeguati alle nuove esigenze e ai nuovi modi di produzione della moderna società industriale. Un’altra alternativa, che invece chi la pensa come me giudica falsa e inaccettabile, deriva dalla volontà di tener separate o addirittura contrapposte, nella ricerca e nella didattica dell’architettura, l’elaborazione teorica di principi generali (in cui consisterebbe il ‘comporre’) e la loro applicazione nella pratica dei casi particolari (a cui si limiterebbe il ‘progettare’). Da questi errori concettuali deriverebbe il fatto che nel passaggio dal disegno di un’architettura rigorosamente composta alla sua realizzazione spesso si registra, specie tra i nomi più in voga, una forte caduta di qualità.” Melograni, in linea con l’insegnamento della Bauhaus, sostiene che qualsiasi risultato effettivo può nascere solo da un intreccio tra lavoro teorico e pratico, suggerendo di mettere di continuo le idee alla prova con la realtà. Anche in merito alla produzione di massa, ovvero alla riproducibilità dell’opera o comunque del modello, egli ritiene che non si debba dare per scontata una perdita netta di qualità. Le sue conclusioni sono a favore della fine della supremazia del comporre sul progettare, semmai dovrebbe avvenire il contrario.
Marcello Rebecchini ipotizza diversi scenari funzionali ad aprire e articolare il dibattito, concordando egli stesso peraltro solo sugli ultimi. Il primo è che taluni vorrebbero i numerosi studenti dei corsi di laurea in architettura divisi tra compositori, dediti allo studio dei grandi temi, e progettisti, competenti per cimentarsi sui tanti problemi che la vita pone all’architetto. Ciò scinderebbe l’insegnamento dell’arte da quello del mestiere. “Ci saranno, secondo capacità e attitudini, studenti da condurre all’arte e studenti da indirizzare al mestiere, docenti della prima e docenti del secondo: in pratica due indirizzi diversi con diverse finalità. E’ evidentemente questa una distinzione a dir poco classista.” Il secondo scenario è che per qualificare tutti gli studenti al più alto livello potrebbe essere necessario “…creare una distinzione sia pur strumentale, tra materie di ‘contenuto’ della progettazione e materie di ‘forma’ della composizione. Bisogna prima di saper progettare conoscere materiali e metodi per poi disporre quelli in modo conveniente, cioè compositivo, ed indirizzare questi alle finalità estetiche.” Seguendo tale ragionamento M. Rebecchini richiama l’antinomia tra ‘Architettura pratica’ e ‘Architettura superiore’, esistente nelle scuole di Ingegneria per l’insegnamento dell’architettura sin dal 1880 e superata nel 1910 da Camillo Boito, e prosegue dicendo che tale distinzione, che oggi si riassume in ‘composizione verso progettazione’ “…ci porterebbe molto indietro nel tempo e rinnegherebbe tutte le conquiste del Movimento Moderno.” Pertanto è del tutto errato “…dare a coloro che si sacrificano per il contingente l’appellativo di ‘progettisti’, ed a quelli che perseguono finalità superiori, anche se astratte e fuori dalla realtà attuale, quello di ‘compositori’… Il ‘progettista’ che non raggiunge una sintesi non è architetto, come non lo è il ‘compositore’ che prescinda dalla realtà.” Rebecchini introduce, peraltro, un’apertura nei confronti dei ‘compositori puri’, che si dovrebbero occupare della ricerca formale in sé, che dovrebbe però essere distinta dalla ricerca architettonica, rendendosi tale ruolo e appellativo accettabili nel caso di “…architetti che, per vocazione o necessità, hanno rinunciato a fare i ‘progettisti’.” Egli conclude analizzando un’ultima motivazione, a suo avviso la più autentica anche se inconfessabile, “…che vorrebbe trasferire ad alcune correnti di tendenza (o scuole) la privativa della ‘composizione’, per lasciare agli altri, a quelli che tali tendenze non seguono, il compito della ‘progettazione’.
Dalla sintesi tematica su effettuata emerge che il metodo compositivo rafforza e struttura quello progettuale e viceversa. Separati da un esile quanto permeabile diaframma - tanto che nel linguaggio italiano corrente i due metodi finiscono per indicare lo stesso tipo di attività - essi possono rendersi molto diversi tra loro, ma anche coincidenti quando non si tenga conto della rispettiva intima essenza.
Il primo rimanda a una serie di elementi le cui caratteristiche geometriche e proprietà fisico-prestazionali sono conosciute e/o descrivibili, e a un corpo di regole ‘oggettive’ dalla cui corretta applicazione dipende il risultato architettonico. Esso designa sia l’attività dell’approfondimento della conoscenza di tali elementi - che in un componimento musicale sono le note, in uno letterario le parole - sia quella della loro composizione, appunto, in modo ‘sintonico’, così da pervenire a una sintesi architettonica la cui coerenza e correttezza metodologica dovrebbero poter essere sempre verificabili. Pertanto, condizione necessaria è che tali elementi e regole siano noti in modo chiaro, riducendo al minimo i margini d’incertezza sulle scelte architettoniche ad essi legate.
Il secondo può essere ritenuto invece, oltre che più soggettivo e a volte anche autoreferenziale, maggiormente variabile, perché strettamente connesso alle qualità ed esigenze di uno specifico luogo e a un corpo di normative tecniche su di esso vigenti.
Se da un lato vi è l’esigenza di una conoscenza sistematica degli elementi e dei fenomeni architettonici onde pervenire a una corretta ‘formatività’, dall’altro l’espressione deve poter rimanere libera di misurarsi con l’interpretazione personale dei luoghi nei quali si interviene. Potremmo quindi dire che, in senso disciplinare, la composizione appare come più oggettiva e al tempo stesso astratta mentre la progettazione acconsente e presiede al raccordo tra le teorie compositive dell’architettura e le realtà fisiche dei diversi siti d’intervento. Può quindi accadere che in questo passaggio il progetto tenda a modificare in tutto o in parte le regole consolidate della composizione con soluzioni inconsuete, talvolta apprezzabili e identificabili come innovative.
Con il completamento di una tesi di laurea in composizione architettonica il giovane progettista dovrebbe aver acquisito una consolidata conoscenza sia degli elementi, sia del sistema di regole nonché di alcune tecniche del comporre che lo abilitano a progettare un manufatto edilizio complesso in uno specifico luogo, nel proprio tempo. Se gli ‘elementi’ dell’architettura sono de­scrit­ti nei manuali in costante aggiornamento, le ‘regole e le tecniche del comporre’ sono analizzate in specifiche trattazioni che, nella contemporaneità, lasciano ancora aperti ampi margini d’indagine e sperimentazione. Pertanto la composizione architettonica consiste tanto nell’apprendere, elencare, ordinare i materiali dell’architettura - le cui informazioni sono reperibili nella manualistica corrente - quanto nel rendere tali materiali coesi e organici tra loro per mezzo dell’applicazione di una serie di tecniche o tematiche compositive in rapida evoluzione.

Tematiche compositive: metodo, teoria, didattica

Con ‘tematiche compositive’ ci si riferisce ad alcuni ambiti di ricerca teorica che concorrono in modo determinante a dar vita al manufatto edilizio, quindi alla soluzione finale dell’opera, tanto da poter dire che ‘la bellezza’ in architettura si raggiunga attraverso la loro sapiente sintesi. Le ‘tematiche’ che seguono, suddivise in gruppi, hanno strutturato il metodo didattico, orientando e guidando le sperimentazioni operate in tutti i progetti di tesi di laurea.
Tematiche deduttivo-induttive - Si basano sull’applicazione del metodo ‘multiscalare’ della simultaneità - ovvero su un differimento solo lieve e su una reiterazione alternata - tra l’ideazione dei rapporti che i nuovi organismi instaurano con il contesto (deduttivo), da un lato, e quella degli aspetti modulari, distributivi, funzionali, nonché delle preliminari analisi strutturali e di definizione dei particolari costruttivi (induttivo), dall’altro. Tale metodo mira a scongiurare il prematuro disegno di morfologie e volumi non ancora investigati nel loro spazio interno e il produrre aggregazioni tipologiche troppo schematiche o, peggio ancora, sagome planimetriche solo calate sul territorio. L’obiettivo è quello di generare un rapporto equilibrato del progetto per mezzo di un suo sviluppo pressoché simultaneo: sia dall’interno verso l’esterno sia viceversa. Ciò permette di affrontare tutte le scale dimensionali, passando con continuità dagli aspetti del rapporto con il contesto, allo studio delle spazialità e delle delimitazioni interne, alla definizione delle strutture e dei particolari costruttivi.

Tematiche volumetrico-spaziali - Si legano ai criteri formativi di configurazione e distribuzione degli spazi, nonché all’articolazione dei volumi come coerente risposta alle esigenze dell'uomo in generale (comfort, sicurzza, igiene, ecc.) e ai singoli temi in particolare. Lo studio dei caratteri tipologici e morfologici dell'organismo edilizio alla luce delle continue ibridazioni presenti nella cultura contemporanea ha portato ad analizzare la fattibilità costruttiva dell'opera e il ruolo dell’innovazione tecnologica nel passaggio dallo schema astratto alla sua realizzazione. Alcuni argomenti affrontati sono stati: continuità e/o contrapposizione tra spazio interno e volumi esterni; sviluppo del progetto come costruzione nella costruzione; messa in atto di rapporti pluridimensionali tra le varie parti dell’organismo edilizio così da generare un ordine gigante; evidenziazione delle membrature strutturali di un edificio erodendone parti del volume; ricerca di geometrie e spazi alternativi a quelli euclidei (riemanniani, bolyai-lobacevskiani, moebiusiani); scavo in un volume di percorsi esterni; modellazione dei prospetti in funzione delle sezioni dell’edificio; confronto con i temi del volume flesso, della piegatura, della parete-schermo; contrapposizione tra un volume principale e corpi trasversali ad esso compenetranti; foratura di un volume; sezionamento di un volume con piani intersecanti.

Tematiche tipologico-distributive - Queste tematiche hanno aperto al confronto con specifiche necessità funzionali, tese alla ricerca di nuovi tipi edilizi o ibridazioni di quelli esistenti, secondo i seguenti ambiti: ideazione di un organismo edilizio che, gradualmente, da edificio in linea si sviluppa in edificio a torre; sviluppo dei temi del volume-contenitore e dell’atrio interno a multipla altezza; definizione del piano-tipo di un edificio a torre; indagine delle potenzialità del corpo quintuplo e sperimentazione delle sue possibili variazioni; sviluppo di un organismo edilizio complesso che segua una geometria alternativa a quella ortogonale; evidenziazione all’esterno dei caratteri distributivi del progetto.

Tematiche architettoniche a scala urbana-ambientale - Queste sono state calibrate al fine di pervenire a organismi edilizi intesi non solo come ‘oggetti finiti’, ma anche come ipotesi di riconfigurazione di un più ampio settore urbano in grado di analizzare le correlazioni che la nuova architettura instaura con le preesistenze, formando la consapevolezza che i segni delle civiltà sono riscontrabili tanto nelle architetture quanto nella conformazione degli spazi vuoti. Tale obiettivo è stato perseguito tramite la messa in atto di procedure di interazione tra il progetto in fieri e i tessuti presenti nel luogo, operazione necessaria a determinare allineamenti, aperture, accessibilità, porosità, permeabilità del nuovo intervento nel contesto. L’applicazione della tematica dell’ “augmented ground” come declinazione della dimensione topologica dell’architettura ha inoltre prodotto ricerche progettuali tese ad aumentare la quantità del suolo artificiale presente nell’area d’intervento attraverso operazioni di multiple stratificazioni delle superfici che in alcuni casi sono state estese anche ai volumi architettonici. Quanto sopra ha prodotto organismi edilizi articolati in modo consapevole nel sito, rispondenti a plurime esigenze, anche esterne al programma funzionale, secondo i seguenti ambiti d’indagine: distribuzione dei volumi nell’area in modo da delimitare uno spazio aperto a valenza urbana; aumento della quantità di superfici piane esterne per mezzo dell’inserimento di multipli ‘suoli artificiali’; aumento della dimensione topologica dell’organismo edilizio per mezzo dello sviluppo di un’articolazione volumetrica complessa; integrazione tra costruito e natura secondo i principi della “blurring architecture”; approfondimento delle potenzialità di una composizione ipogea.

Tematiche tecnologico-strutturali - Il rapporto tra forma, funzione e struttura, è stato analizzato in particolare attraverso lo sviluppo dei seguenti punti: ideazione di una copertura come tema al tempo stesso architettonico e strutturale; sviluppo e verifica di parti del progetto anche in senso tecnologico-strutturale; inserimento in un organismo architettonico di una maglia strutturale modulare chiaramente evidenziata; ideazione di una struttura priva di modularità; utilizzo nella progettazione degli Stadi di strutture verticali di sostegno delle tribune quali supporti per corpi scala e vomitori.

Tematiche linguistiche - Nel selezionare e dar vita ad apparati figurativi architettonici, tali tematiche si basano sull’esigenza di innescare un processo di presupposizione reciproca tra i piani del contenuto e dell’espressione (di hjelmsleviana memoria). In tal modo i ‘segni’ anche se appartenenti a codici linguistici esistenti possono produrre significati nuovi, in quanto animati dalla volontà di perseguire questioni non solo di forma ma anche e soprattutto obiettivi prestazionali sostenibili e predisposti a risolvere plurime esigenze in divenire. Il linguaggio dell’architettura contemporanea - sempre più vasto perché aperto alle ultime acquisizioni quali la ‘rivoluzione informatica’, la “blurring architecture”, la “low-tech”, la “land art”, ecc. - è oggi quanto la società ha a di­sposizione per comunicare e costruire un’architettura in grado di esprimere una sintesi tra le capacità tecniche in continua crescita e il rispetto per l’ambiente naturale e artificiale di qualità. Poiché in architettura esistono alcune famiglie di funzioni in continua ibridazione e alcune famiglie di tipi che rappresentano lo ‘zoccolo duro’ di usi consolidati nel tempo, è utile indagare quanto questi ultimi possano essere reinterpretati senza che ne vengano snaturati i caratteri, ovvero senza che venga compromessa la resistenza di quel filo rosso che, resistendo all’usura del tempo, lega l’architettura alla storia. In tal senso alcune tematiche compositive affrontate in più tipologie di progetto - strettamente connesse al rapporto contenuto-espressione - sono state: contrapposizione tra maglie strutturali a cadenza regolare e i volumi con essa articolati; apertura dei volumi prevalentemente sui fronti di testata; messa in atto di contrapposizioni a-seriali tra masse opache e superfici trasparenti; studio di modalità di apertura delle bucature alternative alla foratura della parete; ricerca di continuità tra le superfici di prospetto e quelle di copertura; concepimento della composizione come uno slittamento di piani orizzontali e/o verticali.

Temi progettuali

I diversi temi affrontati derivano in molti casi da concorsi di idee nazionali e internazionali che si sono occupati di tipologie funzionali quali centri culturali, luoghi istituzionali, attività terziarie e commerciali, sistemi infrastrutturali, residenziali, e altro ancora.

Il primo tema in ordine cronologico ha riguardato il Centro Congressi Italia a Roma-EUR, polo a forte impatto d’immagine e di prestigio, ubicato su un’area di circa tre ettari di forma rettangolare in fregio alla via Cristoforo Colombo. Esso è stato concepito per poter accogliere eventi diversificati in risposta alle esigenze di ogni congresso, dovendo contenere una sala polivalente con un minimo di 5.000 posti e un auditorium per 2.000 persone. Tutti i progetti hanno mirato a concepire una nuova piazza interna all’area, un vuoto progettato che garantisce permeabilità al quartiere nel realizzare il collegamento con l’esistente Centro Congressi di Adalberto Libera.

Il secondo tema ha riguardato l’Architettura Sportiva, e include il Palazzetto dello Sport in via delle Valli a Roma, il nuovo Stadio del Calcio a Siena, gli Impianti Natatori di Terracina e Siracusa, un Parco Sportivo nella zona Roma-nord di Casal Boccone, il Palazzo del Ghiaccio a Colleferro.

Il terzo tema si è occupato del Museo d’Arte Moderna a Bolzano “Museion” su un’area ubicata in fregio al centro storico della città. I progetti dovevano concepire il museo come un ‘forum culturale’ nel quale far convergere arte e società al fine di ottenere alti livelli di comunicazione e interazione. Il museo, quale luogo di accoglienza dell’Arte Moderna nelle espressioni tradizionali e nei nuovi tipi di manifestazioni e tendenze, doveva adempiere non solo alla funzione di contenitore di opere ma anche da incubatore di idee e iniziative artistiche a livello regionale, nazionale e internazionale così da fungere da centro di informazione, incontri e avvenimenti sociali, di scambio di idee e di dibattito culturale.

Il quarto tema ha riguardato la progettazione del Municipio di Santa Marinella e di una piazza ad esso frontistante che doveva assumere il ruolo di nuovo centro civico, punto nodale di aggregazione dei cittadini. Il programma della sede comunale prevedeva, oltre agli uffici amministrativi e politici, anche la realizzazione di una sala consiliare polivalente per 400 posti e della biblioteca comunale. Ulteriore richiesta è stata la realizzazione di ampi spazi pedonali così da rendere l’area fortemente permeabile.

Il quinto tema si è occupato della Nuova Stazione Tor di Quinto a Roma, ovvero di un nodo di scambio su ferro funzionale alla chiusura dell’anello ferroviario della capitale. Il programma vincolava i laureandi al mantenimento in loco degli artigiani ubicati sul rilevato di terra di proprietà delle Ferrovie dello Stato noto come via Camposampiero-via Possagno, nonché all’ubicazione dei binari dell'Anello ferroviario superiormente a quelli della linea Roma-Prima Porta nel tratto contenuto tra il rilevato di terra e l’ippodromo dell’Arma, tra l’argine del Tevere e l’attuale Stazione Tor di Quinto. In tutti i progetti è stato proposto un fabbricato viaggiatori con stazione a tre linee, pensato come un unico organismo edilizio che funge anche da capolinea della linea “C” della metropolitana. La nuova infrastruttura risulta pertanto essere dotata di tre livelli di banchine che dall’alto verso il basso sono: Anello ferroviario, Roma-Prima Porta, linea “C” della metropolitana. E’ inoltre presente un ulteriore livello per i transiti pedonali trasversali ai binari.

Il sesto tema ha riguardato una serie di tipologie edilizie ubicate all’interno della ‘nuova centralità’ romana del Tecnopolo Tiburtino. Esse sono: Incubatore d’Imprese, Centro di Ricerca, Edificio per Uffici, Albergo, Centro Congressi, Centro Com­merciale. I vari progetti hanno prioritariamente puntato al raggiungimento di una qualità spaziale e coerenza funzionale interna da mettere in relazione con le volumetrie esterne, alla creazione di multiple altezze studiate per portare luce e verde negli edifici, all’articolazione dei percorsi. Se l’Incubatore d’Imprese ospita e assiste attività medie e piccole, il Centro Ricerche è stato pensato per effettuare prototipizzazioni e specifiche prove sui materiali finalizzate a certificarne la qualità.

Infine, nella sezione ricadente sotto ‘vari progetti’ sono presenti tesi che si occupano di svariate tipologie edilizie e funzioni, miranti a sondare realtà appartenenti a diversi capoluoghi di provincia e territori italiani ed esteri.
 

Elementi tecnico-costruttivi

Per rispondere alle specificità dei singoli temi progettuali sono stati studiati alcuni particolari tecnico-costruttivi risultanti da ricerche tese a risolvere questioni legate al rapporto tra scelte teorico-compositive e realizzative, in cui sono presenti talvolta anche slanci innovativi. Quest’ultimo capitolo vuole rendere ancor più evidente lo stretto legame che in un progetto deve emergere con chiarezza tra questioni di contenuto e di espressione. Tali particolari sono stati raggruppati secondo le seguenti categorie tematiche: pareti ventilate, vetro strutturale, coperture, carpenterie, dettagli vari tra cui alcuni ferroviari.

Il tema delle pareti ventilate è oggi divenuto centrale in architettura assorbendo, com’è noto, valenze tecnologiche ed espressive sottratte al tradizionale corpo murario dell’edificio, che ora viene coibentato esternamente e rivestito da una superficie composta da lastre di ridotto spessore. Ciò produce una migliorata prestazione energetica dell’organismo edilizio così trasformato in un ‘thermos’, senza sacrificio, almeno in linea teorica, per la libertà compositivo-progettuale dei prospetti. Si tratta, in realtà, di una coibentazione ‘a cappotto’ protetta da lastre che da essa distano pochi centimetri, quanto basta per permettere la ventilazione della parete. Questa tecnologia, diffusasi con estrema rapidità negli ultimi dieci anni, è stata frequentemente utilizzata nelle tesi di laurea secondo varie declinazioni che vanno dall’uso di lastre in pietra naturale e/o ricomposta, al gres porcellanato, ai pannelli in alluminio e ad altri materiali ancora.

Quanto appena detto è valido anche per le superfici in vetro strutturale che hanno assunto negli ultimi anni una vastissima diffusione grazie alla tecnologia e al design dei nuovi componenti che le realizzano, tra cui in primo luogo i “clamps” di ancoraggio.

Grande attenzione è stata quindi posta alla definizione architettonica e strutturale della copertura, elemento così fortemente caratterizzante l’architettura che, a seguito dell’esigenza di coprire luci sempre maggiori, ha fornito nel corso della storia plurime risposte che vanno dalla capanna primigenia, al tempio, alle chiese, agli spazi espositivi dell’800 e del ‘900, agli odierni Stadi coperti.
Nell’affrontare il progetto della Nuova Stazione Tor di Quinto a Roma gli allievi si sono basati sui dettagli costruttivi messi a di­sposizione del corso da RFI, Rete Ferroviaria Italiana del gruppo Ferrovie dello Stato, durante i molteplici incontri in Laboratorio.

Ogni progetto è pertanto stato affrontato sia da un punto di vista compositivo-progettuale che costruttivo. Solo in presenza di una reale garanzia di realizzabilità insita nell’idea generale l’allievo è stato autorizzato ad approfondire il lavoro di ‘scavo’ sulla morfologia, ovvero sulla ricerca dello sviluppo delle qualità architettoniche appartenenti allo spazio e ai volumi del progetto, qualità mai fini a se stesse ma sempre coerenti a una sintesi ideativa in grado di dare risposta a plurime essenzialità funzionali, tecniche e teoriche. Oltre agli aspetti normativi sono stati sempre considerati quelli distributivi per il flusso delle persone, delle auto, nonché per il passaggio degli impianti. In aggiunta sono stati affrontati gli aspetti della sicurezza, dei filtri, dell’illuminazione naturale degli ambienti e dell’aerazione, delle compartimentazioni, degli spazi a multipla altezza in relazione alle normative vigenti sia in Italia che all’estero, dei giunti strutturali, delle aree esterne, dei parcheggi e della viabilità, delle quote altimetriche ante e post operam, dell’esposizione degli edifici, dei rapporti di permeabilità del terreno. Per la suddivisione degli spazi interni degli uffici e per la distribuzione ai singoli piani di alcuni impianti sono state spesso utilizzate le pareti attrezzate e i pavimenti galleggianti.
Come risultato di questi approfondimenti e controlli, il progetto non doveva apparire, né tanto meno essere, una sommatoria di azioni tutte singolarmente corrette, bensì far emergere la coerenza con la quale le varie componenti erano state ‘fuse’ insieme così da produrre un’elaborazione architettonica riconoscibile come sistema. Prima di valutare un progetto in fieri ammissibile a essere discusso in una tesi di laurea in architettura e composizione architettonica, l’allievo doveva dimostrare di essere pervenuto a un’idea portante compositivamente chiara, progettualmente indagata e, in estrema sintesi, unitaria.

La Laurea in Architettura/Ingegneria Edile-Architettura U.E.

Al di là della trattazione di fondative questioni, tra cui quelle su delineate, una domanda è d’obbligo: in cosa consiste la specificità di una tesi di laurea sviluppata nelle discipline compositive nell’ambito di un corso quinquennale in Architettura U.E. o in Ingegneria Edile-Architettura U.E.?
Nel nuovo scenario europeo non appare più attuale occuparsi esclusivamente o prioritariamente dei ‘caratteri nazionali dell’architettura’, anche se è necessario non interromperne la proficua ricerca. A seguito di un ampliamento dei riferimenti architettonici sui quali costruire una cultura disciplinare vasta e aggiornata, queste tesi di laurea derivano da un metodo compositivo-progettuale aperto e, al tempo stesso, rispettoso della continuità con la storia, ponendosi come obiettivo sperimentazioni nelle quali siano presenti innovazione e tradizione.
Le pagine successive testimoniano pertanto quanto sia viva la ‘creatività’ architettonica degli allievi di questa Facoltà, qualità che in essi spesso convive con ‘l’ingegno’ necessario a rendere coese tutte le parti del progetto, non solo quelle compositive ma anche strutturali, impiantistiche, urbanistiche, ambientali, ecc. Grazie alle doti di ‘creatività e ingegno’, molti di essi sono pervenuti a una visione architettonica unitaria testimoniata dai risultati spaziali e volumetrici conseguiti, verificata strutturalmente, aperta al cambiamento e all’innovazione, in continuità con la tradizione dei luoghi, coerente al programma funzionale. In questo senso risulta determinante per un relatore di tesi di laurea svolgere un ruolo guida di un’attività che deve trovare il suo “melting pot” nella mente dello studente: quel crogiuolo nel quale fondere e forgiare nuove idee di spazio, volume, insediamento umano, invenzione strutturale e tipologica. In mancanza di ciò sarebbe difficile, se non impossibile, andare oltre la ripetitiva elencazione di morfemi noti e riproposti talmente tante volte da risultare oggi spesso bloccati nelle proprie declinazioni.
Se è vero che il docente - parafrasando l’elogio all’architettura di Ernesto Nathan Rogers del 1963 - deve favorire la conoscenza del presente attraverso la rilettura del passato per organizzare quella porzione di utopia indispensabile a preparare il domani, allora è altrettanto vero che la collaborazione colta e condivisa tra le diverse discipline progettuali non può che apportare effetti benefici all’architettura e alla didattica.
Ma questa condivisione non dovrebbe generare una rincorsa generalizzata e indifferenziata al progetto, bensì trasformarsi in una serie di apporti selettivi da parte di quelle discipline chiamate a produrre quel campo di forze per mezzo del quale l’organismo edilizio risulti dotato di una propria coesione interna, in estrema sintesi, di una propria ‘anima’. In questa collaborazione tra discipline, la componente architettonica non dovrebbe occuparsi solo dell’invenzione della forma così come quella tecnologica solo dell’invenzione degli aspetti costruttivi e quella urbanistica solo dei rapporti con il contesto, e così via per gli aspetti strutturali, impiantistici, di risparmio energetico, della sicurezza e altro, così da scongiurare l’eccessiva compartimentazione delle competenze.
Pur tuttavia queste componenti costituiscono gli ‘attrattori’ del campo di forze nel quale, con intensità variabili, esse contribuiscono in misura maggiore o minore ai caratteri dominanti del risultato finale. Anche tale apertura a procedure ‘collaborative’ ha motivato e guidato l’elaborazione di questi progetti, nei quali le intenzioni di forma e i requisiti di norma hanno teso a ricomporre l’eterogeneità dei materiali selezionati nel rispetto della specificità dei luoghi e della logica costruttiva.

Apertura a nuove tendenze

Per venire al metodo della didattica, l'aspetto teorico delle lezioni e di sviluppo del progetto in laboratorio è stato affiancato da incontri con personaggi, molti dei quali noti a livello internazionale, quali Alessandro Anselmi, Mario Antonio Arnaboldi, Gianni Ascarelli, Pietro Barucci, Paolo Desideri, Carlo De Vito, Giancarlo Gasperini, Andrea Leers, Lucio Passarelli, I.M. Pei, Luigi Prestinenza Puglisi, Adele Naudé Santos, Roberto Segre, i cui contributi sono stati significativi a creare quella “liason” tra università e mondo operativo, tra accademici e professionisti, tra teorici della composizione e progettisti, necessaria a coniugare il momento ideativo e di ricerca con quello realizzativo come sintesi di un processo di progettazione complesso.
Ciò risulta oggi essenziale in quanto l’apertura all’Europa e al resto del mondo richiede di mantenere costantemente attiva la volontà di misurarsi con le nuove tendenze e i nuovi linguaggi, attrezzandosi per comprendere ogni volta meglio e più a fondo i portati semantici, così come i neologismi internazionali abbinati all’architettura. A titolo di esempio alcuni di essi espressi in inglese (tratti da: The Metapolis Dictionary of Advanced Architecture - city, technology and society in the information age, Edizioni ACTAR, Barcellona, 2003) che risultano particolarmente significativi e sui quali è in corso un proficuo lavoro d’indagine sono:

Activation:
E’ un’azione sempre in trasformazione che tende a fornire la risposta più completa a una domanda. Mai inerte o indifferente è una qualità indispensabile al progresso dell’architettura.

Aformal:
Esprime lo stato di massima libertà nel quale la forma si ottiene come risultato di un processo e non, al contrario, come ricerca di una condizione ‘a priori’.

Antitypes:
Realizzano scenari privi di tipizzazioni formali, dove diversi obiettivi e interessi si sovrappongono simultaneamente in corpi non armoniosi.

A-scalarity:
Azione ed effetto di un’architettura che non distingue i propri limiti, che li dissolve, in cui tutti gli spazi diventano intermedi.

Attractors:
Esprimono uno stato ideale di determinismo, coerenza e stabilità che un sistema tende a recuperare.

Chains:
Produce un’architettura come sistema combinatorio che genera una catena di eventi virtualmente infiniti e non-finiti.

Combination:
Designa compresenze interattive e di interscambio tra multipli eventi architettonici simultanei assemblati secondo modalità non gerarchiche.

Entropy:
L’architettura, essendo insita nel disordine una mancanza di complessità, deve cercare nuovi e più complessi equilibri mettendo lo spazio in tensione.

Fractal:
Tra il caos e l’ordine della geometria euclidea esiste una zona intermedia di ‘ordine frattale’.

Fragile:
Instabilità compositiva.

Glocal:
Globale e locale, astratto e concreto, rispondente al particolare e al generale, in grado di sintonizzarsi con il locale e trasferire gli impulsi al globale.

Hybridization:
Combinazioni funzionali, tipologiche e spaziali, nonché decisioni tattiche più aperte e flessibili delle configurazioni già note.

Hyperiphery:
Designa la crescita ininterrotta delle periferie, che tende a trasformare i nuclei urbani centrali, specialmente i centri storici, in banali parchi tematici (presepi).

Impermanences:
Architetture temporanee, che cedono qualità formali a favore del processo costruttivo, connesse a una limitata porzione temporale scaduta la quale cessano di esistere.

Implant:
Atto del rimpiazzare parti o ‘tessuti’ avariati di un edificio con altri nuovi e funzionanti.

In-between:
L’urbanesimo dei sistemi aperti, un’architettura vulnerabile alla fenomenologia del paesaggio e alla congiunzione. Si colloca in condizioni non precise, spesso ambigue, confuse, ibride incerte.

Inform(ation)al:
Gli spazi del mondo classico e moderno sono oggi aggrediti e talvolta superati dalla dimensione spazio-temporale dell’informazione informale.

Land-arch:
Architetture paesaggistiche rispondenti a una nuova domanda della società, oggi angosciata dalla frenesia urbana.

Low-tech:
Architettura facente uso di materiali a scarso contenuto tecnologico.

Matrix:
Relazioni, talvolta invisibili, tra le parti di un’architettura.

Naturartificial:
Fusione benefica tra il naturale e l’artificiale.

No-box:
La scatola non è più un ‘a priori’. Il movimento moderno ha compiuto il processo di disgregazione della scatola classica portando l’architettura a un punto di non ritorno.

Pragmatopia:
Al contrario dell’utopia essa genera nuove catene di eventi che abilitano l’azione (pragma) a prender luogo (topos).

Rurban-life:
Quanti lavorano nel settore informatico non avvertono più l’esigenza di vivere più di due giorni alla settimana in città; il resto del tempo lo possono trascorrere in campagna.

Self-similarity:
Sistemi nei quali le strutture restano costanti al variare della scala di osservazione.

Transversality:
Un’azione in grado di stabilire legami operativi tra le cose.

Unfolding:
Un’azione che produce il passaggio da un ordine compatto a uno aperto ed esteso.

Urban ecology:
La natura cessa di essere ‘altro dalla città’.
 

Conclusioni e ringraziamenti

L’obiettivo di formare figure complete, compositori e progettisti poliedrici e integrati in Europa, in grado di ideare spazi e volumi architettonici di qualità, nonché di controllare e contribuire a risolvere gli aspetti urbanistici, ambientali, strutturali, tecnologici e impiantistici di un progetto di architettura, è l’auspicato traguardo di tutti i Docenti del nostro Corso di Laurea.

Tale ambizioso obiettivo, talvolta pienamente conseguito, non sarebbe perseguibile in assenza della tenace e razionale creatività dei numerosi studenti di questa Scuola, impegnati per la tesi di laurea a compiere uno sforzo di sintesi finale teso a sviluppare tematiche in alcuni casi estremamente complesse.

Ai miei ex allievi, i cui progetti sono pubblicati in questo libro, va un sincero ringraziamento per aver contribuito a creare un quadro unitario attraverso alcune tesi di laurea compositive elaborate a Roma nei primi sette anni del terzo millennio. Un quadro che fotografa una condizione che potrebbe risultare utile e orientativa per gli studenti presenti e futuri dei corsi di laurea U.E. nelle discipline architettoniche e dell’ingegneria edile-architettura.

Vorrei ringraziare inoltre i colleghi che in queste tesi hanno svolto il ruolo di correlatore, senza il cui contributo il perseguimento dei su esposti obiettivi sarebbe stato vano. Innanzi tutto Enzo Cartapati, Ingegnere strutturista che ha sempre indirizzato le scelte degli studenti alla ricerca di soluzioni innovative e al tempo stesso realistiche, nonché alla loro chiara rappresentazione e dimostrazione. Ma altrettanto va detto per Ezio Dolara e Salvatore Perno. Un contributo costante e fondativo è stato dato da Pietro Nozzi e Andrea Porru, correlatori sugli aspetti della sicurezza e impiantistici, temi sempre più attuali che un progettista, specie se Ingegnere-Architetto, non può trascurare. Quindi Nicola Barone, Marco Ferrero e Ruggero Rondinella, correlatori sugli aspetti della definizione esecutiva degli elementi costruttivi e della scelta dei materiali. E inoltre Franco Bontempi, Carlo Cecere, Maurizio Cerone, Massimo Coppi e Livio De Santoli che in alcune tesi hanno svolto il ruolo di correlatore; Raffaele Marone che ha contribuito al corso di Composizione 5 dal 2000 al 2004 oltre che alla correlazione di alcune tesi; Riccardo Ianni e Claudio Merler, ambedue tutor nei miei corsi dal 2004, le cui tesi sono qui pubblicate.

Un ringraziamento lo devo al Decano del raggruppamento in Architettura e Composizione Architettonica Marcello Rebecchini nonché ai Presidi della Facoltà di Ingegneria Tullio Bucciarelli e Fabrizio Vestroni, ai Direttori del Dipartimento DAU Gianfranco Carrara e Paolo Colarossi e ai Presidenti del Consiglio d’Area in Ingegneria Edile-Architettura Enrico Mandolesi e Franco Storelli che si sono succeduti nell’arco di tempo considerato e che, alcuni di loro, hanno qui scritto un testo introduttivo.

Vorrei infine ringraziare Franco Calvani, Enrico Carbone, Carlo De Vito, Josef March, Mauro Miccio, Pietro Tidei per i testi introduttivi tematici, quindi Franco Storelli e Nilda Valentin per gli essenziali consigli che mi hanno dato, nonché Richard Bates per l’eccellente traduzione in inglese dei testi del libro.
 
 

Ruggero Lenci

The graduation thesis is an extremely effective work of intellectual synthesis in the education of university students, a fundamental step for them in completing their studies and for veri­fying the level of autonomy that has been reached. In the courses of Architectural Design Composition and other similar topics the graduation thesis involves, both from student and from supervisor, a deep design commitment. It can produce, in the best cases, innovation, in others, results of more or less high quality and completeness. Innovation in architecture is such if it is able to improve the performance of both building and the environment in which it is placed. Context, function, durability and, maintenance come first, and then communication, which has no meaning without the others. All this has to respect an ethical sense and a development that meets the needs of the present without jeopardizing the possibility of future generations to realize their needs. Seen in this sense innovation always has to guarantee and strengthen previous methods if it shifts from tradition.

When at the end of 1998 I started teaching Architectural and Urban Design at the School of Engineering at Rome’s “La Sapienza” University, I was asked to choose between the courses of Design 2 and Design 5. I opted for the latter, as it gave greater opportunities for following graduation theses, and also for establishing a line of continuity with the teaching work of my predecessor, Luigi Biscogli, who was then retiring. An eight-year period of teaching, from 1998-99 to 2005-06, has produced various graduation theses, a significant part of which are published here.
The book is, therefore, the record of a teaching experience shared with mature students, who had chosen to develop a project on architectural design, with co-supervisions in structural, mechanical systems, urban design, technology of materials, building safety, energy-saving aspects, or other disciplines related to the specific design topic under development.
It would not have been possible to publish the present volume without the commitment of my former students to architectural design themes that are in many cases of remarkable complexity, and their wish to establish a disciplinary dialogue that was rich in stimulating ideas, as fluid and flexible as possible, never identical or repetitive, but respecting individual interests.
The main objectives were to develop in the graduating students design capabilities that were coherent and autonomous, as well as to strengthen their knowledge of the theories, methods and languages of contemporary architecture. The design activities in the laboratory proved central to the course, as much so as the study of theory and bibliographical research, both of which provided several opportunities for extending the knowledge of the systems of rules and methods that preside over the development of design. The examples were selected mainly from cases that were functionally similar to the subjects being developed, but also from buildings of unquestionable value that realize an exemplary synthesis of the requirements of environmental compatibility, form, technology and materials, as well as distributive, functional and expressive matters. During the lab-work, through a multi-dimensional scale approach that ranged from urban analysis to structural detail, the graduating students refined a working method based on controlling the developing idea so as to become able to verify and elaborate it - both in the early and final stages - by using the appropriate tools of architectural design. In this phase the focus was on explaining those aspects of the building in which the relations between context, typology and style emerge. A constant aim in all designs was to bring out the interwoven relations between architectural content and expression.

Design composition versus project design

Why are these graduation theses in ‘design composition’ and not in ‘project design’? Really, it depends only on the name given to the courses. All the same, it is worth noting that in 1980 the pages of the architectural magazine Rassegna di Architettura e Urbanistica, In/Arch - National Institute of Architecture and other authoritative journals and conferences were the scene of long debates on the possible differences between ‘architectural design composition’ and ‘architectural project design’ (from now on, composition versus design), a subject on which Marcello Rebecchini commented recently: “I have to say that today that dilemma leaves us rather puzzled, but sometimes culture advances through debates on the sex of the angels” (Quaranta anni di “Rassegna”, Indici 1965-2005). Although one can only agree, it is here useful to synthesize the meanings of the words ‘compose’, from the Latin “cum ponere”: place together various parts so that they form an organic whole; and ‘project’, from the Latin “proiectare”: imagine, devise something and propose how to implement it.
In issues 46 and 47/48 (1980) of the architectural magazine of DAU Rassegna di Architettura e Urbanistica, Ludovico Quaroni, Federico Gorio, Carlo Melograni, Marcello Rebecchini and others have looked at the question in some detail.
In atomistic spirit Ludovico Quaroni claims that we can indeed analyse the individual components of architecture, but that we would then have to put them all back together again with a technique by which “one part does not prevail over the others”, trying to “…give the student at least the sense that it has to be him who does the jigsaw…” And he adds, “No one has the right or duty to organise individual courses around components, partly because it would effectively mean recognizing that there was a director”, and this coercive force inside a school would reduce, if not deny, the development of this possibility in others. Kant, he continued, had already shown how tenuous and false was the distinction between the work of reason and the empirical spirit, which in our specific case effectively annuls the hope and pride of those who try to divide teachers into two categories: “…on the one side the elect, the intelligent, those who have understood, and can discriminate and ‘create’, who know they can teach Art; on the other the professionals tied to the sad reality of commissions - almost as if Brunelleschi, Michelangelo, Borromini and Palladio did not receive commissions from clients who were often tight-fisted and petty, unable perhaps to understand the formal idea that was extorted from them. The elect and the damned. Is this the game we are to play? …it’s up to the architect to be able to see through to the deepest interests of his client and interpret them.” Quaroni’s choice is to remain integrated, both composer and designer, even if, in so doing, the work of art takes longer to complete, working with the rules of one’s time, each with his own, from the ancient Greeks, to the Baroque, down to the present day. “We have our games, with their clear rules…and it’s a pity to despise them, because they are the only ones that may serve people with what they want. And, in certain rare and special hands, tough temperaments - no matter if intelligent or cultured, but tied to their work almost as if by a curse, insensitive to criticism and doubt - they can serve us all with a Work of Art. Which is not taught in school - ever.” And he adds, “Of course some groups of teachers should try to improve how Composition/Design is taught, making the applied part of some subjects part of an integrated design project, but also linking up the subjects or theoretical parts that are most closely concerned with Composition/Design so as to obtain, as part of a degree course, a combination of theoretical and applied teaching that is, for Architecture and Town Planning, the central core of the curriculum, and is for Architecture what Clinical practise is for Medicine: the point at which theory and experiment meet, if possible working on concrete themes supplied by local bodies or other public or semi-public commissioners.”
That is exactly what we have done with the following theses: combining theory and experimentation, applied and integrated, not as end in itself but on concrete themes supplied by local bodies or other public or semi-public commissioners, giving our students an open method that is at the same time without any obligatory linguistic references, directing them to work on all the architectural choices that the project requires while leaving them free in the choices they make.
With a view that casts a light on the complex and sometimes contradictory interests of the various groups, Federico Gorio claims that business and public bodies are now “…both allies; they have outlawed designers and composers, quite rightly lumping them all together indiscriminately.” The reason is that “…business, industry and the local bodies responsible all agree on asking the architect for a preliminary formal idea, only to exclude him from the rest of the design and building process.” In his editorial he judges composition versus design as “…at first sight a question for academics with too much time on their hands.” Except for the fact that “Behind the scenes in our universities there is an ongoing, feverish and unrelenting attempt to conquer and control the various elements of the Faculty. The attempt to divide composition and design is an episode in the progress of this fever; …under the surface of what may seem no more than academic discussions, interests are boiling that are not exactly intellectual or cultural. Because if this division should become accepted in the institutions…it would always be to the detriment of a unified course of studies.”
Carlo Melograni’s point of view emerges from this text: “A true alternative lies in the dilemma of whether to aim above all at recovering the rules that tradition has shown to be constant to the point of being perennial, or at experimenting with new methods and tools that are adequate to the new needs and new modes of production in a modern industrial society. Another alternative, which in my view is false and unacceptable, derives from the wish to keep separate or even in opposition to each other the theoretical elaboration of general principles (which would be ‘composing’) and their practical application in particular cases (which ‘designing’ would be limited to), both in research and teaching. These conceptual errors are the reason why the transition from design to an architecture that is rigorously composed, at the moment of building architecture often registers a brusque drop in quality, especially among the most fashionable names.” In line with Bauhaus teaching, Melograni claims that effective results can only come from a blend of theory and practise, suggesting that ideas should constantly be tested against reality. Even with mass-production, where a work or a model can be reproduced, he does not think that we should see a net drop in quality as inevitable. His conclusions favor the end of the supremacy of composition over design, and suggest that, if anything, the opposite is required.
Marcello Rebecchini imagines various scenarios - of which he approves only the last - which are useful for articulating the debate and taking it further. The first is that a ‘party’ would like the many students of the Architectural courses to be divided between composers, studying the large themes, and professional designers dealing with the many problems that the architect is faced with. This would split teaching off from practise. “There will be students to be prepared for the art of architecture, and students to be prepared for the job, according to their capabilities and attitudes, teachers of the one and teachers of the other: in practice, two different courses with different ends. To call this solution a class-based distinction would be an understatement.” The second scenario is that for all students to qualify at a sufficiently high level it might be necessary “…to create a pragmatic distinction between subjects of design ‘content’ and subjects of compositional ‘form’. Before we can design we need to understand materials and methods, if they are to have a convincing aesthetic role in a composition.” Following this line of argument, Rebecchini refers to the antinomy between ‘Practical Archi­tecture’ and ‘Higher Architecture’ that had dominated the Engineering Schools for teaching architecture since 1880 until Camillo Boito eliminated it in 1910, and comments that this distinction, which can be found today in composition versus design “…would set us back years and would deny everything the Modern Movement has achieved.” It is therefore quite wrong “…call those who sacrifice themselves for the contingent ‘designers’, and those who follow higher ends ‘composers’, even if those ends are abstract and unconnected with present-day reality... A ‘designer’ who cannot achieve a synthesis is no architect, and nor is a ‘composer’ who disregards reality.” However, M. Rebecchini extends a hand towards those ‘pure composers’, who should devote themselves to formal research in itself, which should be clearly distinguished from architectural research: only those “…architects who, either out of vocation or need, have bowed out of design” would be worthy of that title and role. He ends with an analysis of one other motive, perhaps the most authentic but also unmentionable: “…the desire to transfer to some trends (or schools) the monopoly on ‘composition’, leaving those who do not follow those trends, the task of ‘design’.”
In the light of the above we can say that the composition method strengthens and structures the design method and vice-versa. The two methods, which are separated by a thin and permeable diaphragm - to such an extent that in the Italian language they indicate the same type of activity - can become very different but also similar one to the other, if one leaves out of account their intimate essence.
The first recalls a series of elements whose geometric characteristics and physical performances are known and describable, and a body of ‘objective’ rules upon whose correct application depends the architectural design result.
It designates both the activity of deepening the knowledge of these elements - which are the notes in a musical composition and the words in a work of literature - and that of assembling them in the architectural design synthesis, generating a system of relations whose coherence and methodological correctness should always be verifiable. Therefore a necessary condition is that these elements should all be clearly known so as to reduce the margins of uncertainty about the architectural choices linked to them.
The second, in spite of being more subjective and sometimes auto-referential, can be considered more variable, since it is closely linked to the qualities and needs of a specific place and to the building codes pertaining to it.
If on one side there is the need for systematic knowledge of the elements and architectural phenomena so as to reach a correct ‘formativity’, on the other expression must remain free to measure itself with the personal interpretation of the places which the design is to occupy. It could then be possible to say that, in a disciplinary sense, ‘composition’ appears as more objective and at the same time abstract, while ‘design’ allows and leads to the connection between the composition theories of architecture and the physical realities of the different sites. It could happen that in this passage the design could modify, completely or partially, the rules of composition with unusual solutions, sometimes appreciable and identifiable as innovative.
With the completion of a design thesis in architectural composition the young designer should have achieved a consolidated knowledge of the elements and the system of rules as well as of some compositional techniques that allow him to design a building complex on a specific site, in his own time. If information on the ‘elements’ of architecture can be easily found in standard architectural manuals, those on the ‘rules and technique of composition’ are in specific treatises that in contemporary architecture still offer ample opportunities for research and experimentation. This means that design-composition consists both of learning, listing and, ordering architectural materials - information on which is available in constantly updated manuals - and, at the same time, developing a sense of their cohesion by means of the application of a series of techniques that are often rapidly evolving.

Design composition themes: method, theory, didactic

The terminology ‘themes of architectural design composition’ refers to those systems of rules, techniques or specific objectives in research that concur decisively to design the final solution of a building complex, to such an extent as to say that ‘beauty’ in architecture derives from a wise synthesis of them. The following themes, subdivided into groups, have structured the teaching method, directing and guiding the experimentation in the following theses.

Deductive-inductive themes - They are based primarily on the ‘multi-scale’ method of simultaneity - that is, on the slightest deferment and alternate reiteration - between planning the relations of the new buildings with their context (deductive), on the one hand, and that of modular, distributive, functional elements, and also on the preliminary structural analyses and definition of the details of the project’s components (inductive), on the other. This method tends to avoid two failings: first, designing forms before they have been properly examined from within, and, second, producing mere combinations of building typologies or, worse still, site plan shapes that have been simply superimposed upon a territory. The aim is to create a balanced relation by means of a simultaneous design development, both inside out, and vice-versa. This makes it possible to tackle all the dimensional scales, moving easily from aspects of the relation with the context to the definition of the internal spaces, structures and structural details.

Volumetric and spatial themes - They are linked to the criteria of conformation, configuration and distribution of spaces, as well as to the articulation of volumes as a coherent answer to the needs of human beings in general and to the individual themes in particular. The study of the typological and morphological characters of the building, exposed to the continuous ‘hybridation forces’ of contemporary culture, moved us to analyze the constructive feasibility of a building, as well as the role played by technological innovation in its passage from an abstract scheme to its realization. Some subjects we deal with have been: continuity and/or contraposition between the inner space and outer volumes; development of the project as a construction inside an existing building; generating multi-dimensional relationships between the different parts of the building, so as to obtain a ‘giant order’; eroding a volume so as to make visible its structural parts; research into possible alternative geometries and spaces to Euclidian geometry, such as those of Riemann, Bolyai-Lobacevski and Moebius; creating in a volume external walkways that pass inside it; in designing the elevations of a building showing its inner sections; working with the themes of the flex volume, folding a surface and the screen-wall; inserting into a building transverse co-penetrating volumes; holing the volume of a building; and intersect a volume with several planes co-penetrating each other.

Typological and distributive themes - They opened to the confrontation with specific functional needs, oriented to the search of new building types or to hybridations of existing ones, according to the following themes: conceiving a volume that, gradually, from a linear building develops into a tower; working on the themes of the building as a container, and of a multiple-height atrium building; in skyscraper design designing a typical plan; developing a building made up of double-corridor and looking for its possible variations; designing a complex building following a geometry not based on right angles; emphasizing in a design its distributive characters.

Architectural themes with urban and environmental values - These were calibrated with the objective of creating buildings that were not simply ‘finished objects’, but also opportunities for redesigning a more extensive urban area able to analyze the relations that the new design establishes with the architectural presences in the surroundings of the site, generating the awareness that the signs of civilization are readable both in designing architecture and the empty spaces. This aim has been pursued by means of procedures of interaction between the design under development and the urban fabric in the site. This was necessary to determine alignments, openings, accessibility, porosity, and the permeability of the new building in the context. The theme of ‘augmented ground’ as an aspect of the topological dimension of architecture has also produced design research consisting in trying to increase the quantity of ground available in the area by using multiple stratifications of the surfaces, which often involved the architectural volumes of the buildings too. This meant that every project was placed and organized in the site in ways that were aware of and responsive to all the many requirements, including those that are external to the functional program, according to the following themes: placing the new volumes in the site in such a way as to delimit an open urban space; augmenting the flat external surfaces by introducing multiple ‘slabs’; increasing the topological dimension of the building being designed developing its complexity and volumetric articulation; integrating buildings and nature following the principles of ‘blurring architecture’; and extending the potentialities of underground design.

Technological and urban themes - The relationship between form, function and structure has been analyzed, in particular, through the development of the following points: conceiving the roof as an architectural and structural invention; developing and verifying the parts being designed from a technological and structural point of view; conceiving a building with a clear modular structural pattern; conceiving the design composition as lacking a modular structural pattern; in stadium design using the vertical structures supporting the stands also to support the stairs, as well as for the openings for the vomitoriums.

Linguistic themes - In selecting and creating the architectural figurative apparatuses the linguistic themes are centered on the need to generate a process of mutual interchange between the content and expression, as described by Hjelmslev. In this way the architectural ‘signs’, even when they are identified as belonging to existing linguistic codes, can produce new meanings, as they are animated by the pursuit not only of form but also of performance that is sustainable and able to solve various evolving needs. The language of contemporary architecture is growing constantly because it is open to new developments such as the ‘computer science revolution’, ‘blurring architecture’, ‘low-tech’, ‘land art’, etc., and it is present-day society’s way of communicating and building an architecture that is able to express a synthesis between our ever-growing technical capabilities and respect for the natural environment and for the artificial qualitative one. Since in architecture some functions are constantly adopting hybrid forms and some types are the core of time-honored customs, it is useful to examine how far the latter can be reinterpreted without losing their character, i.e without compromising the strength of that thin red line that survives the ravages of time to link architecture to history. In this connection some design themes - closely linked to the content-expression relationship - which the theses dealt with in several typologies of design were: creating a contrast between a regular structural pattern and the volumes articulated with it; opening the volumes on the two heads and opposed elevations; generating a contrast between opaque and transparent surfaces; investigating ways of opening windows that are not just a ‘hole in the wall’; generating a continuity between vertical surfaces of elevation and roof surfaces; and conceiving design composition as shifting horizontal and/or vertical planes.

Project design themes

Many of the themes were taken from national and international competitions on functional typologies such as cultural centers, institutional buildings, tertiary and commercial activities, infrastructural systems, residential units, and others.

The first theme is the design of the Italy Congress Center in Rome-Eur, a pole with a strong impact in terms of image and international prestige located in a rectangular area of about three hectares facing via Cristoforo Colombo. The new structure is conceived to meet a very varied demand for congresses of every size with a main multifunctional hall with a minimum of 5,000 seats and an auditorium for 2,000 persons. All the designs include a new public square in the area, an open space favoring contact with the district and connecting with the existing Congress Center designed by the Italian Rationalist architect Adalberto Libera.

The second theme deals with Sport Centers and includes the Sports Arena in Via delle Valli in Rome, the new Soccer Stadium in Siena, the enclosed Swimming Pools in Terracina and Syracuse, a Sports Park in Casal Boccone in Rome, and an indoor Ice Skating Rink in Colleferro.

The third theme deals with the Modern Art Museum in Bolzano “Museion” on an area located on the outskirts of the old city center. The aim of the architectural designs was to present the museum as a ‘cultural forum’ where art and society converge and interact. The museum, a place for Modern Art in its traditional and more experimental expressions, was to be not just an art container, but also an incubator of new ideas and artistic, regional, national and international initiatives, a hub of information, meetings and social happenings for exchanging ideas, and as a place for cultural debate.

The fourth theme deals with the design of the New Town Hall of Santa Marinella, also including a square that functions as the new civic center, where the townspeople could meet. The program, in addition to all the administrative and political offices, required the design of a 400-seat Council Room and the Public Library. Another requirement was the design of pedestrian spaces to make the area easily accessible.

The fifth theme deals with the architectural and urban design of the New Tor di Quinto Railroad Station in Rome, consisting in a hub which is needed to complete the railroad Belt around the city. As a requirement, each design should have been compatible with the needs of the many local artisans whose businesses have for 50 years been located on the earth-berm, known as via Camposampiero-via Possagno, which was made by the Italian Railroads, which owns it. The young designers were also required to place the railroad lines of the Belt over the Rome-Prima Porta lines. All of them propose a three-way hub as a single building, which is also to be the terminus of the “C” subway line. All the new infrastructures have three or more platform levels, which, from above, are: Railroad Belt; Rome-Prima Porta; “C” subway line. A fourth level, for the transverse crossing the railroad trucks is also included.

The sixth theme deals with a series of designs located within the ‘new centrality’ of the Tiburtino Technopark in Rome. They are: Incubator for small business enterprises, a Research Center, an Office building, a Hotel, a Congress Center and a Commercial Center. The design method was aimed at developing an internal spatial quality coherently related to the external volumes, multi-level spaces bringing light and green areas inside the buildings, multiple and articulated corridors. If the Incubator is conceived to house small and medium businesses, the proposed Research Center is intended for the execution of quality-control tests on specific materials, as well as for the construction of models and prototypes.
The section on ‘various topics’ includes different typologies of theses, some of which deal with case studies belonging to several cities and territories, in Italy and abroad.

Technical, construction elements

To respond to the single design themes, some technical and construction details have been studied, deriving from research on questions related to the relation between theoretical-compositional choices and constructive ones, some of them being innovative. This chapter tries to clarify the close link between questions of ‘content’ and ‘expression’ that should be present in a design. These details have been grouped under the following thematic categories: ventilated walls, structural glass, roofing, carpentry, various details, including some on railways.

The subject of ventilated walls has now become central in architecture, taking on the technological and expressive value that the building’s traditional walls have lost. As a result, buildings are now insulated externally and protected by a surface of reduced thickness. This has an excellent energy-saving effect for the building, which becomes a thermos, theoretically without sacrificing design freedom for the elevations. It is actually an overcoat insulation, protected by slabs, slates, panels or plates sufficiently far from it to allow the wall to be ventilated. This technology, which has spread rapidly throughout the world to the point that almost all buildings now tend to make extensive use of it, has been frequently applied in graduation theses in all its different forms: from the use of natural and/or reconstructed slabs, to the use of glazed ceramic tiles, aluminium panels and other materials as well.

This is also true for surfaces in structural glass that have become extremely widespread in recent years, thanks to the technological and design quality of the new components, in particular the anchoring clamps.

Great attention was given to the architectural and structural definition of the roof, which is a fundamental component of a building that, in response to the need to cover greater spans, has generated over the centuries solutions that range from the most primitive hut to the temple, to the churches and exhibition spaces of the 19th and 20th centuries, as well as present-day covered stadiums.

Dealing with the design of the New Tor di Quinto Railroad Station in Rome the students based their designs on the various details given to the course by the “RFI, Rete Ferroviaria Italiana, of Ferrovie dello Stato Group”, during the many meetings in the school’s labs.

Each design was, then, considered not only as an architectural composition but also as a structural one. Only when it was clear that the project was feasible were the students allowed to come to grips with morphology, that is the development of the architectural qualities relating to space and volumes, which were never confined within themselves but always part of an overall idea that could resolve functional as well as theoretical elements. Besides the building-code the designs always took into consideration requirements related to the flow of people using the building and vehicles, as well as the passage of the mechanical systems. Other aspects considered include safety, filters, natural light and air in the spaces, compartments, atrium multi-level spaces that satisfy Italian and/or foreign building codes, structural joints, external areas, parking lots and car circulation, lot elevations before and after design, exposure of the building, and the maximum coverage of permeable land. For the subdivision of offices internal spaces and for the distribution of some mechanical and electrical equipment, moveable internal partitions and floating pavements have often been used.
As a result of these operations the designs should not merely be the sum total of a series of individual choices, each one correct in itself, but also bring out the coherence with which their parts had been assembled and blended together to produce a recognizable and unified final result. This means that each proposal, if it was to be accepted as a graduation thesis, had to clearly express a strong composition idea, well developed and resolved, recognizable as unitary.

The Degree in Architecture/Engineering
Building-Architecture European Union

But, besides writing in detail on interesting methodological matters, like the ones above, a question must be asked: what should a graduation thesis in a five-year course in Architecture E.U. or in Engineering Building-Architecture E.U. consist of? In the new European setting it no longer seems relevant to deal exclusively or mainly with the ‘national characters’ of architecture, even if this fruitful research should not be interrupted. Following the widening of the case studies upon which to base a modern architectural culture, these theses seek to experiment a method of composition and project design, which is open while still respecting continuity with history, containing innovation and tradition. The following pages, therefore, testify to the architectural ‘creativity’ of the students of this School, a quality that often exists alongside the ‘ingenuity’ needed to generate cohesion among all the parts of a design, not only compositional ones but those related to structure, mechanics, town planning and the environment, etc. Thanks to the capabilities of ‘creativity and ingenuity’ many of them have acquired a unitary architectural vision testified by the spatial and volumetric results, structurally tested, open to transformation and innovation but also in line with the tradition of the sites, coherent to the functional program. In this sense it is important for the supervisor of a thesis in architectural design to perform a guiding role in an activity that must have its ‘melting pot’ in the mind of the student: that crucible in which to fuse and forge a new idea of space, volume and human settlement, structural and typological invention. Without this it would be difficult, if not impossible, to go beyond the repetitive list of well known morphologies that have been re-proposed so often as to seem hermetically self-referential today.
If it is true that, to paraphrase Ernesto Nathan Rogers’ eulogy of architecture in 1963, a professor should encourage the knowledge of the present through the re-reading of the past in order to organize that part of utopia useful to build a possible future, then it is equally true that well-informed, shared collaboration between the various planning disciplines can only produce beneficial effects for architecture and teaching. But this sharing should not lead to a general, undifferentiated recourse to architectural design, but rather become a series of selective contributions from those disciplines that are called on to create that force field through which the building emerges with its own internal cohesion, its own ‘soul’. In this collaboration between disciplines the architectural design component does not deal only with inventing the form, just as the technological component does not deal exclusively with inventing structural aspects, any more than the town planning component deals only with relations with the context. And this is also true of mechanics, structures, energy saving, safety, etc., so avoiding the excessive compartmentalization of competences. Nevertheless, these components become the ‘attractors’ in the force field, which, depending on the intensity they generate, contribute to a greater or lesser extent to the dominant character of the final result. This openness to ‘collaborative design’ has also motivated and guided these architectural designs, in which the different requirements of ‘form and regulations’ tend to re-compose the great variety of the selected materials respecting the individual locations and construction methods.

Openness to new tendencies

As for the teaching method, the theoretical aspect of the lessons and the development of the design in the labs were supported by meetings with personalities and designers, most of whom are internationally known, like Alessandro Anselmi, Mario Antonio Arnaboldi, Gianni Ascarelli, Pietro Barucci, Paolo Desideri, Carlo De Vito, Giancarlo Gasperini, Andrea Leers, Lucio Passarelli, I.M. Pei, Luigi Prestinenza Puglisi, Adele Naudé Santos and Roberto Segre, whose contributions, both at a national and international level, have been significant in creating a link between the University and the world outside, between academics and professionals, theorists of ‘composition’ and ‘design’. This synthesis is a necessary part of the complex design process if creativity, theory and research are to go hand in hand with the actual creation of a building.
This is important because contact with Europe and the rest of the world requires us to keep constantly active the wish to keep up with the new trends and languages, understanding always better and deeper both their semantic values and the meanings of the new international words which are constantly brought into architecture and linked to it. Some particularly meaningful examples (drawn from: The Metapolis Dictionary of Advanced Architecture - city, technology and society in the information age, ACTAR Editions, Barcelona, 2003) which designers are thinking about nowadays and on which we are experimenting are:

Activation:
It is an always changing action tending to offer the most complete response to a question. It is never inert or indifferent; it is a fundamental quality of progressive architecture.

Aformal:
It expresses the state of maximum freedom of architecture in which form, rather than being sought, appears as the result of a process.
Antitypes:
These are scenarios which have no formal typification, in which diverse objectives and interests simultaneously overlap in non-harmonious bodies.

A-scalarity:
Action and effect of an architecture that does not distinguish limits, that dissolves them. All spaces in this architecture become intermediate ones.

Attractors:
They express an ideal state of determinism, coherence and stability that a system tends to recover.

Chains:
Architecture produced by a combinatorial system generating a chain of events that is virtually infinite and non-finite.

Combination:
Interactive and interchangeable elements found together in multiple architectural simultaneous events, assembled following non-hierarchical paths.

Entropy:
Disorder is lack of complexity. Architecture must seek new and more complex equilibriums, giving space a tension.

Fractal:
Between chaos and Euclidean order there is an intermediate zone of ‘fractal order’.

Fragile:
Compositional instability.

Glocal:
Global and local, able to resonate with the local and transfer its impulses to the global. Abstract and concrete, responding to the particular and the general.

Hybridization:
Functional, typological and spatial combinations, as well as tactical decisions, more open and flexible than previous configurations.

Hyperiphery:
It designates the super-growth of peripheral areas that tends to transform city centers, especially the historical ones, into banal theme parks.

Impermanences:
A non-permanent architecture, where form is less important than the building process, with a limited time span, after which it disappears.

Implant:
Replacing old parts or “tissues” of a building with new and working ones.

In-between:
The urbanism of the open systems, an architecture vulnerable to the phenomenology of landscape and to conjunction. It is located in imprecise conditions, which are often ambiguous, confused, hybrid and uncertain.
Inform(ation)al:
The spaces of the classical and modern world are today under attack and sometimes overtaken by the time-space of informal information.

Land-arch:
Landscape architecture responding to a new demand of society, now suffering from urban frenzy.

Low-tech:
Architecture using low technology materials.

Matrix:
Relations, sometimes invisible, between parts of a building.

Naturartificial:
Beneficial fusion of the natural and the artificial.

No-box:
Box is no longer an “a priori”. The modern movement has completed the disintegration of the classical box, bringing architecture to a point of no return.

Pragmatopia:
Unlike utopia it generates new chains of events enabling action (pragma) to take place (topos).

Rurban-life:
There is no need any more for computer workers to live all the time in the city: only two days a week, the other five in the country.

Self-similarity:
It refers to structures that remain constant while the scale of observation varies.

Transversality:
An action able to establish operative links between things.

Unfolding:
An action generating the passage from a compact order to an open and extended one.

Urban ecology:
Nature ceases to be ‘other than the city’, becoming the real center of interest.

Conclusions and thanks

The aim of creating complete architectural designers, culturally rich and well integrated in Europe, able to design high-quality architectural spaces and buildings, as well as to control and contribute to resolve all the related urban, environmental, structural, technological and mechanical aspects of an architectural design, is the goal pursued by all the Professors of our Degree Course.

Such an ambitious objective, sometimes fully reached, could not be pursued without the tenacity and rational creativity of the many students of this School, engaged for the theses in a final and synthetic effort on design themes that in many cases are extremely complex.
My thanks go to all my former students whose works are published here for helping create a unitary picture by means of some graduation theses in architectural design developed in Rome in the first seven years of the third millennium. It is a picture of the ‘state of the art’ which could prove useful for present and future students of the European Union degree courses in Architecture and Engineering Building-Architecture.

I wish, then, to thank all those colleagues who in the following theses carried out the role of co-supervisor, that proved fundamental in reaching the above mentioned goals. In the first place Enzo Cartapati, a structural engineer, who always directs the student’s choices towards structural solutions that are both innovative and feasible, clearly represented and demonstrated. But, for the same reasons, I must equally thank the structural engineers Ezio Dolara and Salvatore Perno. Constant and reliable help also came from co-supervisors Pietro Nozzi and Andrea Porru teaching Safety in building design and Mechanical systems, both topics that no designer, especially if an engineer-architect, can afford to ignore today. I must also thank Nicola Barone, Marco Ferrero and Ruggero Rondinella, who were co-supervisors on aspects of the executive definition of constructive elements and on the choice of building materials. And also Franco Bontempi, Carlo Cecere, Maurizio Cerone, Massimo Coppi and Livio De Santoli, who were co-supervisors in some theses; Raffaele Marone, who was assistant lecturer in my course on Architectural Design 5 from 2000 to 2004 and contributed to some theses; Riccardo Ianni and Claudio Merler who have been “tutors” in my courses since 2004 and whose theses are here published.

I also wish to thank the Doyen of the didactic group in Architectural Design Composition Marcello Rebecchini, as well as the Deans of the School of Engineering Tullio Bucciarelli and Fabrizio Vestroni, the Directors of the Department of Architecture and Urban Design for Engineering Gianfranco Carrara and Paolo Colarossi and the Presidents of the Architectural and Building Engineering Degree course Enrico Mandolesi and Franco Storelli who were/are in charge in the period considered and that, some of them, wrote an introductory text here.

Finally, I wish to thank Franco Calvani, Enrico Carbone, Carlo De Vito, Josef March, Mauro Miccio, Pietro Tidei for the thematic introductory texts, then Franco Storelli and Nilda Valentin for the essential advises they gave me, and Richard Bates for the excellent English translation of the book.